01 novembre 2008

Segnalazione di link

Precari della ricerca e studenti universitari hanno messo su siti internet per tenerci aggiornati sulle loro attività. Eccovi i link:
http://no1968.blogspot.com/
http://studenticontrola133catania.blogspot.com/

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2 Comments:

Anonymous Anonimo scrive:

Onda anomala e prospettive dell'antagonismo studentesco

Documento politico del collettivo universitario autonomo di Torino_
Negli ultimi mesi in Italia si è sviluppato un movimento con caratteristiche in gran parte inedite, e la situazione politica del nostro paese ne è stata significativamente toccata. Milioni di persone – soprattutto studenti, ma anche genitori, insegnanti e lavoratori precari – sono scesi in piazza e hanno reclamato a gran voce il ritiro delle leggi 133 (che in alcuni articoli prevede pesantissimi tagli all’università, la possibilità per queste di trasformarsi in fondazioni e il blocco delle assunzioni al 20%) e 137 (una vera e propria riforma della scuola che reintroduce il maestro unico, abolisce il tempo pieno e reintroduce il grembiule nelle scuole e il voto in condotta). Accanto a queste due leggi, anche altri provvedimenti – come quello che prevede la separazione dei bambini migranti da quelli italiani nelle scuole – sono stati oggetto di una contestazione intensa e diffusa.
La protesta, partita dalle scuole elementari, con in testa le famiglie, ha visto aggiungersi quasi subito le università. Il movimento degli universitari ha immediatamente legato la battaglia sull’istruzione e la ricerca al livello politico generale, con lo slogan – che ha invaso tutte le piazze d’Italia – “Noi non pagheremo la vostra crisi”. In occasione degli scioperi e dei cortei più grandi, infine, un soggetto multiforme ha invaso le strade, procedendo anche, in diverse città, a una quantità di occupazioni: gli studenti medi.
Nelle sue tre componenti – scuola primaria, scuole superiori, università – il movimento ha saputo estendersi e consolidarsi nel giro delle ultime sei settimane, portando per la prima volta il governo Berlusconi ad ammettere delle difficoltà.

Onda anomala

Si potrebbe scrivere e riflettere a lungo sulle ragioni e sul significato dell’attacco che questo governo sta portando alla scuola e all’università pubbliche. Tuttavia, non crediamo si questa l’urgenza: urgente è sviluppare quel tipo di riflessione nelle assemblee universitarie e tra gli studenti, mentre le realtà politiche autorganizzate devono mettere al primo punto dell’ordine del giorno la questione della soggettività che in questo movimento va esprimendosi. Come spesso accade, chi riesce a interpretare precocemente il dna sociale e politico di un nuovo fenomeno di massa è anche in grado di contribuire con più efficacia alla sua maturazione politica e al suo sviluppo in senso antagonista.
Se il movimento attuale è un’onda, lo è anche e soprattutto a causa della difficoltà che sta incontrando la politica rappresentativa a governarlo – men che meno a dirigerlo. Ed è un’onda anomala per il suo procedere diverso, differenziato e disordinato, imprevedibile e, in fin dei conti, irrappresentabile. Ogni forma di politica organizzata, da quella dei grandi partiti mediatici alla sinistra partitica extraparlamentare, dal sindacato fino ad arrivare agli stessi centri sociali, trovano un terreno accidentato ogni qual volta provino a parlare “a nome” o ad agire “per conto” del movimento. Le ragazze e i ragazzi che compongono le assemblee non sono più, per la prima volta, le minoranze politicizzate, rispetto alle quali la massa teneva una distanza più o meno disinteressata, o più o meno ostile: oggi un fiume di soggetti privi di esperienza e formazione politica, spinti talvolta all’intolleranza verso ogni discorso politico, animano collettivi e assemblee rendendo necessario confrontarsi con una dimensione inedita.
Questo atteggiamento diffuso fa da pendant a una composizione sociale in trasformazione. L’orizzonte precario dell’esistenza, che trova nella precarietà lavorativa il suo perno regolatore, non è più soltanto un affare che riguardi una parte degli studenti universitari. Sono ormai gran parte delle stesse famiglie che vedono in un futuro senza il tempo pieno nella scuola primaria l’impossibilità di piegarsi alle flessibili esigenze del mercato; e l’ormai totalità degli universitari percepisce, nell’università del 3+2, la vita da studente come associata necessariamente a forme di lavoro dipendente precario, nero e sottopagato. I ricercatori precari non possono che rassegnarsi a una condizione permanente di ricatto e umiliazione, mentre gli studenti medi osservano tutto questo con lucidità troppo spesso scambiata per cinismo, e percepiscono il buio che li attende dopo la scuola, in un mondo dove nessun diritto è ormai più garantito.

Autonomia passiva

L’espressione politica della paura del futuro e dell’assenza di punti di riferimento economici stabili è il rifiuto della politica. Un rifiuto reale, netto, diffuso, che sarebbe un errore confondere con un mero rifiuto dei partiti tradizionali. Sia pur attraverso un linguaggio confuso e ambiguo, ciò contro cui si orienta la caotica composizione sociale del movimento – soprattutto nelle sue fasce più giovani, quelle studentesche e universitarie – è il discorso politico in quanto tale. In questo senso il paragone con la Pantera rischia di essere azzardato, come qualsiasi altro paragone. In fondo, la stagione a cavallo degli anni Novanta vedeva un protagonismo politico giovanile esteso, e non soltanto in Italia: proprio l’epoca rivoluzionaria a livello globale del 1989-1991 ha instillato una volta ancora la passione politica in molti che diventavano allora adolescenti – anche come reazione, o come portato delle trasformazioni importanti che i soggetti sociali avevano subito negli anni Ottanta. Oggi, diversamente da allora, e diversamente dalla contestazione del nuovo ordine mondiale del 1999-2001, l’onda è formata da un soggetto che alza la testa improvvisamente e spontaneamente, senza riconoscersi nelle rappresentazioni della realtà che hanno avuto un peso nel Novecento, sia di destra che di sinistra, sia in favore sia contro il capitalismo.
In primo luogo, la delega politica è rifiutata: tanto l’atteggiamento di Veltroni quanto quello di Epifani, tanto il ruolo dei sindacatini studenteschi quanto quello dei collettivi organizzati sono visti con sospetto da gran parte degli studenti, con minore o maggior foga a seconda dei contesti e delle circostanze. In secondo luogo, incontra scarso consenso ogni discorso che non abbia presa sul concreto, almeno nella comprensione del reale che primeggi in quella specifica occasione assembleare. In terzo luogo, questa soggettività si percepisce come estremamente legata al resto della società, interna ad essa, e suppone di interpretarne in questi modi le sensibilità e le esigenze: frequenti sono i richiami a un legame positivo – fino all’acritico – con l’”opinione pubblica” o, come si sente dire ancora più rozzamente, “la gente”, molto spesso semplicemente identificata con il punto di vista che i mass media stanno ad un certo momento diffondendo.
In questo rifiuto radicale del politico – che naturalmente si presenta come differenziato e stratificato, non come un moloch – si apre un deserto che per ora pochi concetti vaghi e confusi tentano di popolare, espressione proprio di un soggetto che è espressione di una “opinione pubblica” potentemente forgiata dai media. Spuntano così i riferimenti alla difesa del pubblico, soprattutto nella scuola e nell’università, della ricerca in sé e per sé, ai diritti riconosciuti dalla Costituzione. L’esistente, sovente identificato con la presunta neutralità dell’elemento giuridico, viene contrapposto tout-court alla politica e alla casta politica, come se tra essi non vi fosse relazione, ma semmai, contraddizione; le stesse Università e scuole sono in alcuni casi difese acriticamente, e in particolare la ricerca. Si tratta, secondo molti studenti e ricercatori precari, di resistere allo smantellamento del pubblico unendo tutti gli interessi presenti nei mondi della formazione – anche dove questo risulta chiaramente impossibile.
Nel complesso, si rileva l’influenza che alcuni momenti dello spettacolo politico degli ultimi anni hanno avuto sui giovani, soprattutto sugli universitari: grillismo e travagliamo in primis. Proprio l’assenza in questi discorsi di un’analisi politica, di un’indagine degli assetti di potere e delle loro relazioni (se non scarnamente cronachistica, senza il respiro ampio di un’analisi delle cause sociali profonde dei fenomeni), di un qualsivoglia approccio critico verso l’esistente della società, e così anche della formazione e della ricerca (e, in fin dei conti, della politica stessa) li rende strumenti di una discussione dozzinale, dove ogni tentativo di produrre critica articolata, viene delegato – paradossalmente – proprio agli studenti già organizzati, alle soggettività politiche che amano il complesso delle mobilitazioni.
E’ l’instaurazione di questo legame ambiguo tra soggetto studentesco e soggettività politica che sembra rappresentare la sfida del movimento nel dopo 30 ottobre.

Autonomia attiva

L’onda, quindi, nella sua effervescenza e vivacità, nel caos della sua proposta multiforme e variopinta, sembra nascondere un che di desertico al suo interno. Il primo errore da evitare è senz’altro quello dell’atteggiamento elitario verso questa forma di deserticità: nella sua ambivalenza, essa si fa espressione di una potente carica emancipativa. Il rifiuto della politica è – per forza di cose – rifiuto della politica passata; e se tale rifiuto sfocia nel rifiuto del politico stesso – cioè non della politica costituita, ma di qualsiasi relazione politica in astratto, anche a venire – questo gesto impossibile e logicamente paradossale rende evidente l’assenza, nell’attuale panorama storico, delle future forme della politica – tanto di quelle che vorranno governare la crisi, quanto di quelle che a partire da essa vorranno costruire una società diversa.
I miti che attraversano il movimento – dalla ricerca disinteressata alla possibile alleanza con i rettori, dalle figure di Grillo e Travaglio a quella di Obama – sono, come tutti i miti degli anni 2000, poco duraturi. Non si tratta di ideologie coerenti o di rappresentazione del mondo più o meno progressive o più o meno reazionarie, ma di icone ‘usa e getta’ che riempiono precariamente il vuoto della vecchia politica: la politica del dopo-guerra fredda. Oggi le polarizzazioni sociali, le crisi economiche costanti e sempre più gravi, i venti di guerra e le crisi internazionali preparano nuove fasi dello scontro sociale. L’onda italiana è il primo movimento europeo che interpreta la nuova fase, in questo producendo una discontinuità anche con quello greco e con quello francese.
La sfida delle soggettività antagoniste è quella di interpretare la politicità del rifiuto della politicità passata, l’elemento critico che esiste in nuce nella rivendicazione di un’autonomia che non è soltanto generazionale, ma anche sociale. Occorre difendere con tenacia il movimento dai tentativi di strumentalizzazione partitica, nel contempo diffondendo elementi di proposta politica che siano privi di qualsiasi autoreferenzialità. L’autonomia del movimento è illusoria fin quando esso resta preda dell’influenza dei media manovrati dal solito timoniere, dei contenuti dei talk-show, dei luoghi comuni dell’intangibilità e neutralità della ricerca, della cultura e del sapere. Ogni cultura nuoce gravamente al potere, tranne la cultura del potere. Autonomia e indipendenza da quella cultura, da quel potere: solo così questo movimento potrà declinare fino in fondo la sua anomalia, recidere fino in fondo i legami con il passato.
Collettivo Universitario Autonomo -Torino

17:39  
Anonymous Anonimo scrive:

Di nuovo in strada per non F.A.R.E. il TAV
CORTEO NO TAV - SUSA 6 DICEMBRE
Ritrovo ore 14,30 Stazione FS
In questi mesi si sono susseguite centinaia di dichiarazioni di Governo, Ministri, Virano, Sindaci e politici di ogni grado, a cui televisioni e giornali hanno dato ampio spazio. Tutti hanno qualcosa da dire sulla Torino-Lione e tutti sostengono che in Val di Susa (e non solo) la popolazione non è più contraria alla costruzione di una nuova linea ferroviaria.
Non dobbiamo cedere a una campagna mediatica creata ad arte per avvilire i NO TAV. DOBBIAMO SMENTIRLI !!
Noi sappiamo bene che le proteste della popolazione continuano e non vengono ascoltate.
Le tante ragioni del NO TAV non sono mutate in questi anni e nessuno le ha ancora smentire.
NON CI RESTA CHE TORNARE IN STRADA PER RIBADIRE LA NOSTRA CONTRARIETA’ A QUALUNQUE IPOTESI DI NUOVA INFRASTRUTTURA FERROVIARIA NEI NOSTRI TERRITORI, ALLO SPERPERO DEL NOSTRO DENARO IN QUALUNQUE OPERA INUTILE E DANNOSA PER L’AMBIENTE E LA SALUTE.
Deve essere chiaro a tutti, a partire dagli Enti Locali fino alla Comunità Europea, che dal 2005 non è cambiato nulla e che contrasteremo come allora ogni tentativo di sondaggio o inizio lavori.
Questa è un’occasione in cui non è possibile delegare. Ognuno deve fare la propria parte, non solo partecipando al Corteo NO TAV, ma anche divulgando l’iniziativa e spiegandone le ragioni.
IL TRACCIATO DELLA NUOVA LINEA TORINO-LIONE E’ DECISO. IL PROGETTO PRELIMINARE E’ IN CORSO D’OPERA. I FINANZIAMENTI VENGONO SOLLECITATI AD OGNI OCCASIONE.
NON ASPETTIAMO LA PROSSIMA MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER SCENDERE IN STRADA !!
Ricordate in nostro slogan storico “Fermarlo è possibile. Fermarlo tocca a noi.”?
Bene, nel 2005 lo abbiamo fermato. E insieme lo fermeremo ancora.

17:49  

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